Darwinismo e necessità indicano l’evoluzione e il cambiamento come due incontestabili paradigmi sociali. Se la produzione mediatica e l’offerta consumistica riflettono le contraddizioni e il mutamento umani, allora il progresso rappresenta la stella polare di ciascun marchio.
Il Marchio è il simbolo, l’immagine mentale con la quale ciascuna industria tenta di conquistare la memoria del consumatore: la sua ideazione è perciò frutto di un processo lento e ragionato per il quale a logiche di mercato si affianca una profonda e attenta analisi sociale e identitaria.
La costruzione e il mantenimento di una forte Brand Identity è l’elemento cardine di ciascun azienda in quanto rappresenta il carattere differenziale per il quale ciascuno di noi sceglie un marchio piuttosto che un altro. Senza dubbio intervengono logiche di prezzo e necessità del momento, ma la stragrande maggioranza dei consumatori sceglie in base a processi illogico- emotivi legati alle relazioni che instaurano col Marchio nel corso degli anni. Infatti, quest’ultimo, può arrivare a costituire il bene di maggior valore (basta pensare al mondo dell’abbigliamento dove tanti oggetti diventano cult perchè sono di un tale stilista): il target di riferimento attribuisce valore all’oggetto solo perché vi è apposto sopra un Marchio, è disposto a pagare un prezzo molto più alto del suo reale valore perché ne acquisisce a sua volta un beneficio a livello di immagine.
Un Brand che gode di una buona reputazione presso il consumatore, attribuisce ad un’impresa un notevole vantaggio rispetto ai concorrenti. Tale consapevolezza fa si che ciascun industria si dedichi a questo aspetto in maniera a volte anche maniacale in quanto sa che potrebbe essere il motivo della sua fortuna. Impatto, emozione, agnizione: elementi riconducibili al concetto di TOP OF MIND. Esistono infatti 4 livelli di riconscimento della marca detti anche piramide della brand awareness:
TOP OF MIND: riconosco subito il marchio;
BRAND RECALL: riconosco il marchio se vengo stimolato;
BRAND RECOGNITION: riconosco il marchio solo se questo mi viene mostrato;
UNAWARE OF BRAND: non riconosco il marchio.
Da tali considerazioni risulta tautologica l’esigenza di apportare modifiche che non stravolgano il LOGO* poiché coerenza ed esperienze positive col marchio sono le linee guida che quest’ultimo deve seguire. Ma non è facile evolversi senza stravolgere, non è semplice riflettere, accompagnare e anticipare i gusti del pubblico, è stimabile, ma precario l’intento di diventare e rimanere un marchio TOP OF MIND. Immagini, colori, promesse: è difficile, ma non impossibile stimolare l’amigdala del consumatore (parte del cervello che gestisce le emozioni), ma quando un brand ci riesce passa dall’essere UN Marchio ad essere IL marchio.
* è fondamentale portare in auge la differenza tra la parola Marchio e Logo: Logo non vuol dire Marchio, e un logo può essere un marchio. Logos (in greco: λόγος) deriva dal greco λέγειν (léghein) che significa scegliere, raccontare, enumerare, parlare. Un Logo è la scritta che rappresenta un prodotto, un servizio o un produttore. Solitamente è una versione o rappresentazione grafica di un nome o di un acronimo che vede un uso ben preciso di caratteri (font), colori e forme. Il Logo diventa Logotipo quando unisce al Logo (la parte scritta) un simbolo (il Marchio). Ne deriva quindi che un Marchio può essere composto solo da una scritta (Logo), ma anche solo da un simbolo. E’ sbagliato quindi definire Logo qualsiasi Marchio, mentre Marchio va bene per tutto. )
Autore: Angela Foggia
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