DEFINIZIONE di CLV
Il Customer Life Time Value (CLV) è un indicatore che misura i profitti prevedibili in base alla relazione con i clienti, a partire dal loro comportamento d’acquisto (fonte: wikipedia).
In modo molto più semplice si può definire Customer Life Time Value come il guadagno che ogni nostro cliente può generare nel tempo.
Dalle definizione di CLV emergono subito alcune caratteristiche:
- viene calcolato considerando i comportamenti di acquisto;
- è un indicatore che misura la profittabilità dei clienti;
- viene calcolato su un arco temporale definito, la “vita del cliente”, intesa come relazione con l’azienda.
Ma il CLV prende in considerazione anche altri elementi, tra cui:
- Costo di acquisizione dei clienti;
- Tasso di retention dei clienti;
- Tasso di churn dei clienti;
- Tasso di sconto per l’attualizzazione dei ricavi futuri;
FORMULA CLV
Per calcolare il CLV esistono diversi metodi.
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somma delle entrate del singolo cliente
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somma delle entrate del singolo cliente * tempo di vita
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margine di profitto * somma delle entrare (tempo di vita / 1 + tasso di sconto – tempo di vita)
PARETO DOCET
Ogni azienda ha l’obiettivo di accrescere il valore della propria clientela attuale e futura attraverso l’acquisizione, l’investimento sui clienti più profittevoli, il mantenimento e la minimizzazione dei suoi costi nel lungo periodo, etc.
Aumentare il valore della propria base clienti equivale ad aumentare il valore complessivo dell’azienda.
Nella maggior parte dei settori industriali però vige la regola di Pareto ovvero il 20% dei clienti genera il 70%/80% dei ricavi.
L’identificazione, la conoscenza e l’attribuzione di indicatori di valore ai clienti diventa quindi fondamentale per ogni azienda.
La mia personale esperienza professionale che dura da più di 15 anni è in linea con quanto emerge da alcune ricerche condotte negli Stati Uniti, ovvero che il top 20% dei clienti arriva a contribuire per il 200/250% dei profitti.
Dall’altra parte vi sono quindi clienti che distruggono valore.
CLV E CICLO DI VITA DEL CLIENTE
La metodologia di costruzione del CLV prende in considerazione tutte le fasi aziendali, a partire dall’acquisizione del cliente (con i suoi relativi costi) fino alle campagne di Win Back su ex-clienti.
Da qui ne emerge la potenza di questo indicatore che già a livello macro (senza addentrarci ora sui micro indicatori di CLV per singoli cluster di clientela) è in grado di prendere in considerazione costi e ricavi derivanti da tutte le fasi aziendali che caratterizzano l’experience del cliente con l’azienda.
GLI INGREDIENTI DEL CLV
Se il CLV viene definito come il valore attuale netto (Net Present Value) dei flussi di cassa generati da un cliente lungo tutta la sua vita con l’azienda la prima cosa da fare è decidere e definire la durata della vita del cliente.
Tale durata è funzione del settore industriale che stiamo analizzando poiché, come immaginabile, gli archi temporali possono variare, anche di molto.
Arrivare a definire la durata media dei clienti può essere fatto in differenti modi, normalmente le analisi preliminari dei modelli di Churn forniscono queste evidenze che diventano un input per il calcolo del CLV.
Ma quali sono gli ingredienti fondamentali per la costruzione di questo indicatore?
Il CLV come tutti gli indicatori può essere costruito in modo più o meno complesso, a seconda dello “stadio analitico” in cui si trova l’azienda.
Per “stadio analitico” intendo il grado di maturità di analisi già presenti in azienda.
Un esempio tipico del mercato italiano che spiega bene questo concetto è quando vengo contattato da Direttori Marketing/CEO che, dopo aver acquistato (con costi non banali) mega infrastrutture di Campaign Management, si accorgono di non aver mai fatto uno stralcio di analisi per identificare i clienti a valore ed indirizzare al meglio le proprie campagne. A quel punto, fino a quando non inizieranno un percorso analitico, continueranno a colpire una mosca con un cannone.
Tornando alla ricetta per costruire l’indicatore di CLV possiamo sicuramente prendere in considerazione questi ingredienti:
- Response & Conversion Rate
- Costi di acquisizione (CPA) in modo da calcolare il CLV netto
- Frequenza di acquisto
- Valore dell’acquisto
- Retention Rate
- Churn Rate
- Margine
- Tasso di sconto
- Durata media
COME OTTIMIZZARE IL CLV
Agire sugli ingredienti che formano la ricetta del CLV permette di ottimizzare l’indicatore per arrivare agli obiettivi che l’azienda si prefissa.
Ad esempio agire su elementi come:
- Aumento del tasso di retention
- Aumento della durata vita media
- Aumento della frequenza d’acquisto
- Aumento del margine per ogni singola transazione
- Diminuzione dei costi di acquisizione
- Diminuzione del tasso di churn
- Diminuzione dei costi di retention
permetterebbe di aumentare il valore complessivo del CLV e quindi il valore stesso dell’azienda.
IL CLV E IL CUSTOMER EQUITY
Il CLV viene calcolato ed attribuito ad ogni singolo cliente al fine di, ad esempio, indirizzare meglio le campagne di marketing piuttosto che prendere decisioni strategiche su singoli segmenti di clientela più o meno profittabili.
Per Customer Equity invece si intende la somma di tutti i Customer Life Time Value dei clienti in portafoglio e rappresenta appunto il valore aziendale della propria base clienti.
CLV & CHURN: UN ESEMPIO DI APPLICAZIONE EVOLUTA
Obiettivo di questo articolo era quello fornire una panoramica generale su questo indicatore, molto utile ma non sempre compreso o utilizzato. Non ci si è posti il problema di spiegare tutti i passaggi matematici utili per la costruzione dello stesso in quanto in rete c’è ampio materiale.
Allo stesso tempo però vorrei concludere con quello che secondo la mia esperienza è uno degli utilizzi principe di questo strumento e che permette alle aziende di ottenere dei ritorni importanti in termini di valore.
Le aziende in modo diretto o indiretto investono molto sul cercare di trattenere i propri clienti. Ma la vera domanda, che è anche il “leitmotiv” di questo articolo, è: stiamo investendo sui clienti giusti?
La risposta a questa domanda c’è ed è presente nei vostri database che devono essere opportunamente trattati, arricchiti di Kpis e di modelli, tra cui uno in particolare, il modello di Churn.
Che cos’è il churn ?
Il modello di churn fa parte della famiglia dei modelli predittivi. Viene definito churner chi chiude tutti i prodotti/servizi e la variabile che si vuole predire è dicotomica (0: non abbandono 1: abbandono);
In sintesi quindi l’obiettivo dei modelli di Churn è quello di determinare, per ogni cliente, una probabilità di abbandono/chiusura dei rapporti e il modello predittivo restituisce, appunto, una probabilità tra 0 e 100 che l’evento avvenga.
Da queste poche righe è evidente che tale modello è fondamentale per un’azienda ma da solo potrebbe non essere completamente utile.
Questo perché oltre alla probabilità che il Mario Rossi della situazione possa andarsene, per adottare le strategie e i corretti canali di retention, abbiamo bisogno di un’altra informazione, il valore di questo cliente, ovvero il CLV.
Questo binomio permette ai decision makers aziendali di presidiare correttamente la propria base clienti ed indirizzare gli investimenti sui touch point corretti a seconda dei segmenti, profittevoli o meno, che si vuole contattare con campagne di marketing.
CLV e STARBUCKS
vista la prossim apertura in italia l’esempio di kissmetrics e Avinash kaushik calza a pennello.
CLV e GOOGLE ANALYTICS
utile da inserire in GA in modo da segmentare per sorgente che porta più valore. Questo è possibile tramite custom dimension e custom metrics
http://www.metricmogul.co.uk/tracking-customer-lifetime-value-in-google-analytics/
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Autore: Davide Camera
- Founder & Senior Partner – Excelle Business Consulting & Intelligence
- Twitter: @davidecamera