In un mondo in perenne cambiamento, dove la frenesia dei mercati si scontra con una continua evoluzione della domanda, sempre più eterogenea, che rispecchia a pieno la società in cui viviamo, il mercato dei beni agroalimentari si sta adattando a quelle che sono le molteplici voci provenienti dai consumatori.
In un momento come quello in cui viviamo oggi, dove il concetto di qualità è spesso abusato e stressato, dove la tutela del made in Italy è messa sempre più a repentaglio dai mercati internazionali di commodities e dall’oligarchia delle grandi multinazionali del food, pronte a speculare a discapito, proprio, della tanto pubblicizzata qualità , risulta necessario fermarsi a riflettere sui valori che con il tempo si sono persi. Uno dei principali valori è proprio quello legato al concetto di territorialità , e del conseguente legame tra il produttore di un bene e la propria terra. La valorizzazione di territori caratterizzati da una rilevante presenza di produzioni agricole, e – per converso – la promozione di prodotti alimentari provenienti da territori caratterizzati da particolari “qualità estetico-paesaggistiche” o ricchi di valenze storico-culturali presentano, da qualche tempo, un livello crescente di integrazione. Il Marketing dell’agroalimentare allora è, anche, un insieme di “tecniche promozionali” dirette alla vendita di un “prodotto”; ma è sempre più un approccio culturale razionale per rendere “attrattivo e differenziante” un prodotto/servizio/sistema costituito da una studiata interazione di elementi “materiali e misurabili” con elementi “immateriali e simbolici”.
Analogamente, la valorizzazione delle realtà ambientali di particolare attrattività e il cosiddetto marketing territoriale devono fare un passo in avanti rispetto alla ormai inflazionata, a tratti banale, promozione turistica.
Benedetta Merlo