Strategic Thinking

Cos’è lo strategic thinking

Il ruolo del pensiero (thinking)

Quando iniziamo a parlare di tante teorie su come sia più o meno corretto pensare o fare ci imbattiamo in parole sempre nuove: per ideare e realizzare quello che vogliamo abbiamo bisogno di

  • creatività (creative thinking)
  • analisi dei dati (analytical thinking)
  • visione d’insieme (systematic thinking)
  • capacità di sintesi, orientamento al mercato, orientamento all’obiettivo, capacità di imparare e adattarsi velocemente (Learning Agility).

Insomma abbiamo bisogno dello Strategic Thinking. Ma perché parliamo di strategia tra ideazione e realizzazione? Perché dalla teoria dei giochi abbiamo imparato che strategia significa definire l’insieme di regole per governare le mosse dei giocatori. E non esiste “thinking” senza “doing”.

Il ruolo della Strategia (Strategic)

il pregiudizio sociale

Elementi di una strategia

Una buona strategia deve avere alcuni elementi:

  • un concept e una visione del mondo;
  • un modello strategico per capire come muoverci;
  • un modello tattico che ci aiuta a capire che azioni intraprendere;
  • un modello operativo che ci guida passo passo nell’uso di tecniche e tool per il raggiungimento degli obiettivi (di business).

 

Quando ho iniziato a pensare all’unione di dati ed empatia, ho visto fin da subito due lati della solita moneta. Ho capito che tutto questo non aveva a che fare solo con il marketing (punto da cui sono partita), ma con tanti altri tipi di discipline. La stessa realizzazione di un’idea, che sfrutta il gioco come aiuto prezioso, mi ha riportata un po’ indietro nel tempo. Questo viaggio temporale e la riflessione sul significato del termine “design”, inteso come progettazione, mi hanno condotta alla conclusione che questa metodologia non fosse adatta solo a un ambito specifico. Anzi, ho capito che non ne aveva uno e che, come tutte le buone metodologie, doveva potersi applicare a tutto. Per questo motivo ho scelto la definizione di Strategic Thinking[1]: pensiero strategico.

Per dare vita al pensiero strategico, ho trovato una bellissima associazione durante un esercizio di pensiero laterale: i bambini. I bambini sono grandi strateghi, hanno un’ottima immaginazione e una creatività spontanea, ma possiedono anche una visione d’insieme e una linearità logica per il raggiungimento dell’obiettivo. Il tutto senza esperienza. Così ho deciso di partire da lì, individuando questi aspetti:

 

 Strategic Thinking Concept

  1. Dream: la fase aspirazionale, l’obiettivo, l’intuizione iniziale, la spinta nata forse da scelte inconsce o da una combinazione di interazioni degli elementi successivi già in atto. È la fase che ci porta al focus dell’attenzione. Puoi chiamarla vocazione, senso della vita, inconscio o come vuoi. Questo momento rappresenta la chiamata di ognuno di noi.
  2. Think: la fase di analisi, ricerca, valutazione, prioritizzazione. È la fase della comprensione del contesto di gioco e di tutte le alternative.
  3. Feel: la parte in cui si sente, si prova empatia, si dà sfogo al più alto numero di idee possibili e strane. Le fasi Think e Feel danzano insieme finché non viene presa una decisione.
  4. Play: la parte in cui si passa all’azione, in cui si usano le mani, in cui è possibile vedere il risultato in una logica ludica, dove non esistono errori e ogni cosa viene completamente testata. Nella parola “gioco” c’è tutto questo: speriment-azione

Ti presento alcuni archetipi:

  1. Il sognatore: chi sogna ha un ottimo collegamento con cuore e pensiero, ma ha poca capacità di realizzazione. Rimane nel mondo dei sogni, non vede mai i frutti delle proprie idee e può restare incastrato nel limbo della paura di sbagliare. Per questo consiglio al sognatore di ripensare all’atto come a un gioco, godendosi i fallimenti e guardando attentamente il valore della sperimentazione. Il mondo ha bisogno che i tuoi sogni si realizzano. E anche tu.
  2. Il pensatore: ha ottime doti logiche e spesso realizza i propri pensieri, ma senza una vera connessione col cuore non può arrivare a qualcosa di soddisfacente, né per sé né per gli altri. Al pensatore (e a me) consiglio di mettere il cuore nelle cose, toccarle con le mani, giocare con gli esercizi di pensiero laterale, innamorarsi delle proprie parole, ascoltare gli altri e sperimentare l’empatia. Usa il tuo corpo per sentire di più il cuore.
  3. Il creativo: possiede sentimenti a profusione e ottime capacità di empatia e azione. Ma spesso le sue creazioni risultano poco applicabili alla realtà o fuori budget. Al creativo consiglio di studiare le analisi e di portare un po’ di approccio scientifico nell’elaborazione delle idee. Prova a tornare un po’ con i piedi per terra, senza abbandonare le tue idee.
  4. Il giocatore: per lui non importa il cosa, importa solo sporcarsi le mani. Il rischio è un po’ quello in cui incorre il pensatore, cioè il non riuscire alla fine a fare qualcosa che abbia davvero senso. Al giocatore consiglio di fermarsi e sentire. Riprendi coscienza di pensieri e sentimenti e aspetta il momento del sogno.

 

Questo rappresenta il primo livello di ideazione del mio metodo. Quando lo caliamo nel mondo reale possiamo parlare di strategie, tattiche e operatività. Perché, come ho detto all’inizio e come sostiene Kotler, non esiste strategia senza la sua realizzazione

 Il framework strategico

Per i meno romantici, possiamo applicare il modello Strategic Thinking anche con terminologie familiari all’ambito business, più specifiche.

Il mio metodo è una revisione dell’ultima creazione di Roger Martin di IDEO U (Figura 7.2):

  1. Goal: l’obiettivo che vogliamo raggiungere. Spesso viene formulato sotto forma di numeri, come per esempio “+20% delle vendite”, “soddisfazione utenti 80%” o “bambini formati >50%”.
  2. Where to play: la fase in cui si studiano il contesto, i canali, il mercato, gli utenti da raggiungere e la concorrenza.
  3. How to win: la fase in cui si esplorano le possibili soluzioni e si valutano le alternative.
  4. Test: la fase in cui si sceglie, si pianifica e si ottimizza continuamente.
  5. Organize: la fase in cui si mette in piedi l’obiettivo. Si crea un’organizzazione capace di portarlo a termine, attraverso persone, processi e tecnologie; e si crea il sistema di management dell’informazione e dei dati, che ci aiuteranno nel monitoraggio e nelle analisi di quelle azioni che ci portano all’obiettivo.

 

Il framework tattico

Nel momento in cui cambiamo contesto e ci spostiamo, in questo caso, nel digitale, c’è la grande possibilità di adattare lo stesso modello alle nuove condizioni.

Cosa succede? Entrano in gioco due nuovi elementi:

  1. Dati: il digitale mette a disposizione una grande quantità di dati gratuiti da utilizzare.
  2. Servizi: più che di prodotti, nel marketing si parla di servizi e quindi di Service Design come approccio interdisciplinare che mescola tool e metodi di vari discipline[2]. Come abbiamo visto, si tratta di un approccio olistico. Nei servizi è fondamentale il concetto di processo e sequenza dati; si tratta di prodotti intangibili, legati alle interazioni (interaction design), che possiamo comunque facilitare con canvas e risultati tangibili. Nei servizi l’attenzione è multipla: si guarda all’interazione persone-servizi, all’interazione persone-persone e a quella persone-organizzazioni. Per questo il marketing non è più solo marketing. E in questa logica, anche il prodotto può essere visto come la somma delle sue funzioni[3].

 

Come cambia la metodologia con questi due nuovi elementi? Rimangono valide le teorie sull’eterogeneità del team, le tecniche di facilitazione e il bisogno di tempo di sedimentazione. Ma aggiungendo anche solo una variabile, la sinergia di tutti gli elementi cambia.

  1. Fase di ispirazione e definizione degli elementi strategici: in questa fase la parte di analisi prende tutto il suo spazio, danza insieme agli esercizi di empatia e viene subito riassunta nella definizione dei pilastri strategici. Volendo, è possibile portare la prototipazione già in questa prima fase, usando il LEGO® Serious Play®.
  2. Fase di ideazione e prototipazione: rimane fondamentale la prototipazione, in questo caso dei servizi. Risulta meno intuitiva di quella dei prodotti, ma è comunque necessaria. Spesso vengono utilizzati il customer journey canvas, il role play, lo sketch, lo storytelling e tanti altri metodi.
  3. Fase di implementazione e miglioramento continuo: in questa fase si scarica a terra, si realizza il progetto minimo (MVP) e lo si inizia a testare per cercare di migliorarlo continuamente.

VEDI ANCHE: IL NOSTRO LIBRO SULLO STRATEGIC THINKING